domenica 22 febbraio 2009

Non ancora - Giraldi Editore


Prefazione
di Matteo Di Gesù

È affatto particolare la specola dalla quale Delia Altavilla osserva le persone e le cose, per poi farne oggetto delle sue narrazioni. Il suo punto d’osservazione sul mondo, leggendo i suoi racconti, appare quasi un luogo privilegiato, inaccessibile: l’unico dal quale sarebbe possibile, forse, che ai nostri sguardi distratti e svagati venisse finalmente restituita la sapienza di guardare davvero quello che abbiamo intorno. Ma è un luogo irraggiungibile, appunto, questo misterioso osservatorio dal quale scrutare i pianeti lontanissimi che orbitano accanto a noi, le costellazioni misteriose di chi ci passa vicino, quantomeno per il nostro vivere consueto. È per questo, d’altra parte, che ci affidiamo ai narratori, per avere da loro, da loro che sanno perché sanno osservare, ogni tanto, notizie dai nostri microcosmi. È questo, del resto, come ci hanno insegnato, lo specifico della letteratura: restituirci alcunché di originario delle cose, delle persone; svelarci qualcosa del loro mistero; o, più semplicemente, richiamarcelo alla mente, questo arcano enigma dello stare al mondo e farci stupire, di nuovo, del suo in conoscibile fascino, proprio quando si manifesta nei tratti dimessi dell’ordinario e del quotidiano.I racconti di Delia Altavilla, in questo senso, sembrano quasi dei piccoli referti di momenti di vita; delle cronache minime, quotidiane, ordinarie, di stati d’animo; ovvero resoconti essenziali di giri di esistenze. Anche quando i suoi personaggi sono gettati dentro la Storia (Quel punto di non ritorno), proiettati su scenari tragici (Piero) non è sulla tragedia, non è sulla Storia che si è posato lo sguardo di Delia Altavilla, quanto piuttosto sulle donne e sugli uomini che per un tratto del loro cammino hanno avuto la sorte di incrociarli: quasi delle istantanee che li colgono sospesi su questi crocicchi del tempo. In effetti, il dramma, la Storia, la politica (Dimentica la storia), nei racconti in cui sono presenti, si accordano con il tono dei testi nei quali è più evidente e marcata la cifra stilistica dell’autrice, questa sorta di suo originale minimalismo mediterraneo: La signora Battiato, Non ancora, I rumori.Così, anche in un racconto di genere (Il mare), l’erotismo è modulato su questo leitmotiv, fino a perdere i suoi connotati specifici e a trasfondersi nel “rumore omogeneo e leggero” della prosa che avvolge i personaggi di questi racconti.

Biografia
Delia Altavilla è nata a Palermo, dove vive e lavora. Alcune sue poesie e racconti sono stati pubblicati in riviste e antologie, quali Parole in corsa (Flaccovio editore, 2005), Scrivere è viaggiare (Full Color Sound edizioni, 2005) Margini (edizioni Letteralmente, marzo 2006), Mezzocielo (luglio 2006). Nel marzo del 2007 con il racconto Non Ancora ha partecipato alla manifestazione “Il Caro prezzo della differenza” organizzata dell'AIDM presso il teatro Dante di Palermo con la partecipazione di Fioretta Mari e Marisa Laurito. Nel giugno del 2008 è uscita la raccolta “Inchiostro invisibile” (La Zisa edizioni, 2008) che contiene suoi racconti e della quale è stata una delle curatrici.
Da anni è impegnata in attività volte alla realizzazione di politiche di genere per le Pari Opportunità.
Non Ancora è la sua prima raccolta di racconti.

Titolo: Non ancora
Autore: Altavilla Delia
Editore: Giraldi
Data di Pubblicazione: 2009
ISBN: 9788861552296
Dettagli: p. 83
Prezzo: € 10.00
Prefazione di Matteo Di Gesù

Quando le parole diventano invisibil la Repubblica - 24 agosto 2008


Terra di nessuno
di Delia Altavilla

A volte la vita sa essere lineare come la corsa di un autobus. L’autobus che tutte le mattine prendo per andare a lavoro. Io i numeri non li vedo, neanche da vicino. Cerco di intuirli, ma c’è sempre il rischio di scambiare l’1 con il 7 o il 3 con l’8. Quando me ne accorgo e devo scendere, perché ho sbagliato, mi assale un senso di impotenza e di rabbia. Succede sempre più spesso. Basterebbe installare un semplice computer con segnalatore acustico. Sono lì, in quell’autobus, tutte le mattine. Volti ancora assonnati, zaini ingombranti, odore di dopobarba e il suono sparato che proviene da un auricolare. Sono proprio io, chiusa nel capotto, mentre cerco di afferrare gli sguardi della gente, veloci come l’autobus nella corsia preferenziale. Ho appena lasciato la notte per incontrare, smarrita davanti alla mia tazza di caffè, la ferita del giorno. Com’è stata materna la notte. Accogliente mi ha preso per mano e trascinato insonne nel buio. Ma il giorno, no. Il giorno mi assale con tutte le sue domande, con la paura di sbagliare, di non riconoscere i volti.
Le bussole, intanto, si aprono e si chiudono in uno spasmo che segue il mio desiderio finalmente di dormire, ora che la luce mi trafigge e vorrei trovare riparo nelle viscere del sonno.
Eccola, la mia fermata. Ho imparato a riconoscerla. Quante cose ho imparato! Attraverso impaurita via Libertà. Le auto corrono, le vedo all’ultimo istante. Chiudo gli occhi e via. Una frenata brusca, lo spostamento dell’aria a pochi centimetri dal mio corpo.
In ufficio non tutti sanno della mia malattia e anche quelli che adesso sanno non hanno capito. E’ un moderno open space, efficiente, monotono come l’arredamento. Le postazioni sono tutte uguali, nessuno sforzo, pannelli azzurri, pieni di polvere, dove gli occhi affondano stanchi. Questa ci marcia, ha trovato la strada per non lavorare. Come fa…In fondo, ci prende in giro. Ha solo degli occhiali più spessi. Per anni ho inserito con diligenza inutili dati in una procedura. E’ stato questo il mio lavoro, poi un giorno, avvilita, sconfitta, ma anche sollevata, ho chiesto di cambiare mansioni. Una visita medica, un responso secco, definitivo, mi ha tolto il vecchio lavoro, ma ancora ne aspetto uno nuovo.
Percorro in silenzio il corridoio che mi separa dalla mia postazione. Un saluto a chi già ha cominciato a lavorare, un cenno stanco di risposta, appendo il cappotto e mi seggo. Accendo il pc e subito si fa buio dentro di me, anche sotto la luce bianca dei neon. Ma, quando il tempo è buono, dai vetri sporchi delle finestre intravedo l’azzurro del cielo. Mi alzo di scatto, prendo le sigarette e corro fuori a fumare. C’è un bel giardino attorno all’ufficio. Piante rare, arbusti alti e un grande prato pieno di vasi fioriti. Accendo la mia sigaretta, lentamente la consumo fra il giallo delle dita e il grigio delle sbarre che circondano l’edificio. Le mie labbra inseguono curve di luce, mentre gli occhi, stropicciati di sonno, boccheggiano. Tutto intorno puzza di uova marce, mi si conficca nei polmoni. E lì la mia sigaretta, si appiccia nelle vene, impregna la pelle. Mi pizzica il naso, starnuti che sventrano il cervello. Un colpo di tosse, ancora una boccata. Schizzi di colore fuggono rapiti dal cielo. La chiamano la malattia dei vecchi la mia. Avevo solo trent’anni quando, del tutto ignara, un oculista, dall’alto della sua onnipotenza, di fronte a un improvviso abbassamento della vista sentenziava: “Signora, lei ancora non lo sa?”. “Cosa?”. “In poco tempo non riuscirà più a leggere ne a guidare”. Io schiantata sulla sedia non ci credevo, ma di certo non sarebbe bastata la mia volontà: “Non ci sono cure. Lei è giovane e imparerà a usare la parte sana della sua retina.” Ho imparato, ho imparato tante cose da allora. A fidarmi dei rumori, a memorizzare gli odori, a lasciare l’immaginazione riempire le cornici ormai vuote. La mia vita invasa da ingranditori, lettori ottici e dalla stessa domanda: perché i miei occhi non rispondono più? Una emorragia lenta, silenziosa che sfibra la carne. Ho conosciuto l’indifferenza di chi mi ha detto devi avere pazienza, la distanza di chi ha avuto paura e la comprensione di chi comunque ha accettato l’angoscia rimanendomi accanto. Mai più i miei occhi scorreranno veloci le righe di un libro. Vivrò giorno dopo giorno la paura di perdermi tra i frammenti delle mie immagini confuse. E’ il destino, il destino di noi che viviamo nella terra di mezzo, nella terra di nessuno, dove tutto rimane incomprensibile, sospeso. In quella linea immaginaria di chi non appartiene.

Totomorfosi a Svicolando la Repubblica — 29 giugno 2008


Una kermesse letteraria tutta «made in Sicily». Domani dalle 19 a mezzanotte nel vicolo della Neve all' Alloro sono previsti reading, esibizioni e accompagnamento musicale per oltre venti testi scelti da Gli Amici di Oblomov di Bice Agnello e Giorgio D' Amato. "Svicolando", mettendo insieme proiezioni di foto, video, autori, libri, artigianato locale e tanto altro ancora, animerà l' intera serata all' insegna della letteratura. I luoghi allestiti per l' occasione saranno due: il Parco Tomasi di Lampedusa e il vicolo della Neve. L' inizio delle letture è previsto per le 19 con alcuni brani frutto dei laboratori degli Amici di Oblomov. Poi si comincia, alle 21 al Parco letterario, con la storia dei cambiamenti ironici del protagonista di "Totomorfosi" di Renato Polizzi, mentre a seguire sarà la volta di Mario Valentini con "In certi quartieri", dove l' occhio del forestiero passa al setaccio Palermo. Nino Vetri ne "Le ultime ore dei miei occhiali" analizzerà la storia del nostro Paese, dal fascismo ai giorni nostri, passando per gli scatenanti anni Settanta. Alle 21,40 si discuterà dell' antologia curata da Delia Altavilla con gli autori di "Inchiostro invisibile" mentre intorno alle 22 sarà la volta dei testi "Cassata a orologeria" e "Santi, folli e animali", discutendone con gli stessi autori Marcello Benfante e Maurizio Padovano. Sandro Dieli, invece, racconterà di "Lillo, Lollo e la malafemmina" ambientato in una Palermo attuale e brulicante di vita mentre Anna Li Vigni parlerà del suo ultimo libro "Da bere agli assetati". Infine, Alessandro Savona, per illustrare il suo romanzo "Etica di un amore impuro", mostrerà un breve video sulla Parigi degli anni Sessanta, in cui è ambientata parte della storia raccontata nel testo. Tra gli appuntamenti è anche prevista una rassegna sulla piccola editoria di qualità, a cura di Fabrizio Piazza. «Di solito - spiega Bice Agnello, presidente de Gli Amici di Oblomov - organizziamo un reading sui testi realizzati durante il laboratorio di scrittura creativa. Quest' anno, invece, abbiamo pensato a qualcosa di diverso. "Svicolando" sarà un punto di incontro tra scrittori ancora in erba, autori, ma anche piccole case editrici siciliane. Insomma una sinergia all' insegna della letteratura dove musica, recitazione, arte e memoria si incontrano tra queste strade per rinascere ancora una volta». Alle 21,30, tra gli incontri che invece si svolgeranno lungo il vicolo, è previsto anche il reading di Marco Pomar e a seguire "Il bar è lì", drammatizzazione di Gualtiero Montini e Vincenzo Giarrusso. Alle 22 il gruppo teatrale I peregrini reciterà un brano tratto da "La seconda volta" di Henry Denker mentre poco dopo Anna Maria Tornabene Burgio con "Poesie su tela" commenterà i quadri di Daniela Longo. Ancora, Giuseppe Alba illustrerà con diapositive di foto d' epoca e scorci inediti il suo ultimo libro "I luoghi della sorgente - La borgata dell' Acquasanta a Palermo". Alle 23,15 sarà la volta di un altro reading a cura di Paolo Maiorana, Floriana Sciortino e Masha Sergio, mentre per concludere, alle 23,30, lo scrittore Matteo Di Gesù coordinerà un incontro su "Scrittori a Palermo.

Presentazione del libro "Inchiostro invisibile", Edizioni La Zisa

Antologia di racconti degli "Amici di Clara": Delia Altavilla, Laura Ardito, Elina Chianetta, Anna Chirco, Giorgio D'Amato, Monica Gentile, Laura Mancuso, Andrea Meli e Liliana Pettinato


Sala conferenze della Camera di commercio di Palermo, ore 16.30
13 giugno 2008

Spettacolo di letture a cura di Letizia Porcaro. Racconti e letture degli "Amici di Clara": Delia Altavilla, Laura Ardito, Elina Chianetta, Anna Maria Chirco, Silvana Cuffaro, Giorgio D'Amato, Monica Gentile, Tommaso Gambino, Laura Mancuso, Andrea Meli, Liliana Pettinato, Rosanna Safina

Parole in corsa 2005